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La Spondilosi

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2013 23:20
29/06/2006 17:53
 
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Un'altra piaga dei nostri boxerotti [SM=g27816]

La Spondilosi deformante è un processo infiammatorio cronico degenerativo che coinvolge le articolazioni tra i corpi vertebrali del rachide caratterizzato dalla formazione di vegetazioni ossee (osteofiti) a ridosso degli spazi intervertebrali.
Queste neoformazioni ossee si possono rilevare sia nella porzione toracica, che in quella lombare e lombosacrale della colonna vertebrale.
L’immagine radiologica disegna questi osteofiti come prominenze radiopache (cioè della stessa immagine dell’osso) di differenti dimensioni, che nel tempo tendono ad ingrandirsi assumendo una figura caratteristica detta a "becco di pappagallo".
Nei casi gravi o in quelli molto avanzati questi ponti ossei tendono ad unirsi tra loro, anche se il più delle volte vi è una semplice "interdigitazione", cioè una sovrapposizione degli osteofiti stessi soprattutto nei tratti della colonna vertebrale che possiede una maggior mobilità; l’immagine radiologica dà la sensazione della formazione di un solido ponte osseo quando in realtà si ha un'adiacenza dei processi di neoformazione provenienti dal margine dei corpi vertebrali di due vertebre adiacenti.
Gli osteofiti non sono presenti solo nella parte ventrale della colonna, ma possono espandersi intorno a tutto l’anello del corpo vertebrale assumendo più la conformazione di un collare che di uno sperone osseo; questo determina un restringimento dei fori di eminenza dei nervi spinali posti latero-superiormente nello spazio tra i due corpi vertebrali adiacenti.

La Spondilosi deformante (SP) è stata catalogata nel corso degli anni con varie classificazioni che tenevano contodell’età dell’insorgenza del soggetto colpito, della componente biomeccanica o traumatica determinante la lesione, delle cause degenerative a carico del disco intervertebrale e della sua componente genetica.
Di tutte quelle forme che più interessano l’allevamento, e quindi la selezione di caratteri negativi da scartare nella scelta dei riproduttori, la forma giovanile è quella che prenderemo in considerazione, in quanto legata a quelle cause genetiche, che se stimate come grado di ereditarietà della patologia, possono aiutare i programmi di selezione della razza.
La causa della degenerazione della colonna è da attribuire ad un tentativo di riparazione dovuto ad un insulto del tessuto articolare continuo e ripetuto, soprattutto in corrispondenza degli ultimi spazi intervertebrali toracici e dei primi lombari, laddove esiste una maggior flessibilità della colonna vertebrale. L’incidenza e le dimensioni degli osteofiti aumentano con l’età, tanto che nei soggetti di età superiore ai 10 anni, vi è quasi sempre la presenza di grosse osteofitosi del tratto lombare e lombosacrale, reperiti casualmente in radiogrammi effettuati in corso di altri accertamenti diagnostici.
Il Boxer è tra le razze più colpite da questa patologia assieme ad altri molossoidi; stranamente altre razze condrodistrofiche come il bassotto tedesco e il Pechinese, in cui sono frequenti le discopatie, sembrano essere meno predisposte alla spondilosi deformante, se non altro per la dimensioni più contenute di queste razze.

ASPETTI ANATOMICI
Il Boxer è un cane di forte ossatura e con masse muscolari plastiche e potenti. Per comprendere la dinamica delle forze che si sviluppano a carico della colonna vertebrale dovremmo richiamare qualche cenno anatomico muscoloscheletrico.

La regione in esame comprende un tratto toracico composto da 13 vertebre, un tratto lombare con 7 vertebre e un tratto sacrale dato dall’unione di tre vertebre saldate in un'unica struttura chiamato osso sacro.

Le vertebre toraciche sono conformate per assicurare una certa elasticità di movimento; in questo tratto si articolano le coste, importanti per l’espansione della cassa toracica per i movimenti inspiratori ed espiratori. La muscolatura propria è costituita da corpi muscolari distinti che assicurano una buona precisione di movimento sia flessorio, sia estensorio e sia rotatorio.
Al di sopra del corpo vertebrale è presente il foro per il passaggio della struttura nervosa più importante della regione, il midollo spinale, protetto dorsalmente da un arco osseo da cui partono lateralmente i due processi trasversi e superiormente un forte processo spinoso; su queste strutture ossee s'inseriscono le principali masse muscolari che determinano il profilo di questa regione. Le più importanti sono date:

1) dalla porzione toracica del trapezio, che prende inserzione dalla spina della scapola (ben evidente se passate la mano anteriormente sul torace del vostro cane) e s'inserisce sui processi spinosi delle vertebre toraciche;
2) dal muscolo grande del dorso, che partendo dall’omero s'inserisce più caudalmente rispetto al trapezio toracico sempre sui processi spinosi delle ultime vertebre toraciche.
Gruppi muscolari superficiali del collo e del dorso. 1) Porzione toracica del muscolo Trapezio. 2) Muscolo Grande del dorso. 3) Spina della Scapola
Le due masse muscolari hanno sia la funzione di sostenere il cinto toracico, sia di flettere, ovviamente in sinergia con altri importanti distretti muscolari, l’arto anteriore determinando la spinta del corpo in avanti.

Le vertebre lombari sono più tozze, con processi trasversi più sviluppati rispetto alle toraciche sia in lunghezza che in larghezza e con un processo spinoso più tozzo e basso ()La mobilità di questa regione è nettamente inferiore in quanto vi si alloggiano masse muscolari che hanno più un significato di fulcro delle forze che gravano sulla colonna durante il movimento. La larghezza dell’impianto osseo e la presenza di due forti masse muscolari, alloggiate tra i processi trasversi e il processo spinoso, danno la tipicità di questa delicata regione anatomica del boxer che deve essere forte larga e con un profilo superiore il più possibile piatto, sinonimo di buon sviluppo e di buona funzionalità delle masse muscolari del lungo del dorso e della massa comune.()
Quindi ci si troviamo con una porzione della colonna che ha soprattutto un significato di fulcro delle forze e un’altra porzione dove queste forze devono fare in modo che si scarichino nel terreno provocando lo spostamento e lo sbilanciamento del corpo in avanti.

La porzione della colonna vertebrale dove queste forze si contrappongono è data dalle ultime vertebre toraciche e dalle prime lombari, e quindi questa porzione è senz’altro sottoposta a più stress motorio rispetto agli altri segmenti.

ESAME RADIOLOGICO: POSIZIONAMENTO

Corretto Posizionamento latero laterale

Cercare il perfetto parallelismo della colonna alla Cassetta Rx

GRADI DI SPONDILOSI


GRADO 0


GRADO 1


GRADO 2


GRADO 3


GRADO 4


DA CELEMASCHE

Paola con Swan e Dixie
http://www.tequyla.it/
29/06/2006 18:27
 
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Da altre fonti:

Il cane è dopo l’uomo la specie per la quale sono state ipotizzate più patologie a base ereditaria (Ostrander et al. 2000).
Il grado di rischio relativo rispetto ad altre specie di animali risulta particolarmente evidente per le patologie scheletriche, oculari e cardiovascolari (Willis, 1989).
A fronte dell’alto numero di patologie segnalate, tuttavia, soltanto una quota ridotta di anomalie ha trovato una chiara identificazione per ciò che attiene alle modalità di trasmissione genetica (Monaco, 1993).
Tra queste, la maggioranza di patologie ereditarie ha evidenziato comportamento genetico di tipo mendeliano; si tratta di anomalie caratterizzate da: variabilità categorica, sottoposte al controllo di uno o pochi geni potenzialmente identificabili singolarmente e la cui espressione fenotipica dipende esclusivamente dal genotipo dell’individuo, senza quindi alcuna macroscopica influenza di tipo ambientale.
Quando un’anomalia di tipo mendeliano ha comportamento dominante, il gene si esprime oltre che in uno dei due genotipi omozigoti, anche negli eterozigoti; ciò permette una agevole identificazione dei portatori e facilita eventuali piani di eradicazione della patologia, poiché i soggetti affetti la manifestano fenotipicamente.
In questo caso, problemi selettivi possono derivare dal fatto che il gene può risultare a penetranza incompleta, oppure la patologia si manifesta solo in età tardiva oppure ancora il gene viene mantenuto all’interno della popolazione in quanto produce anche effetti desiderati nei portatori.
Quando un’anomalia di tipo mendeliano ha comportamento recessivo il gene si esprime solamente negli individui omozigoti recessivi, e di conseguenza il gene permane nella popolazione poiché viene trasmesso e diffuso dagli individui eterozigoti, portatori del gene indesiderato senza la relativa manifestazione fenotipica.
La selezione, quindi, produrrà risultati gradualmente decrescenti, ma non sarà possibile eliminare il gene dalla popolazione se non individuando gli eterozigoti attraverso prove di backcross, che però risultano dispendiose in termini di tempo e di costi, oppure utilizzando specifici test del DNA, disponibili solo per un numero limitato di patologie.
Un numero ridotto di patologie evidenzia tuttavia comportamento diverso: si tratta infatti di anomalie caratterizzate da una variabilità continua tra estremi biologici, con maggiore frequenza per i valori intermedi, controllate da un numero sconosciuto ma comunque elevato di geni, che non possono essere identificati singolarmente ed il cui effetto complessivo è la somma degli effetti dei singoli geni stessi (complesso poligenico additivo), la cui espressione fenotipica risulta modulata anche da fattori ambientali, per definizione non trasmissibili alla progenie.
Il risultato del rapporto tra l’effetto del genotipo sul fenotipo ed il fenotipo stesso esprime l’ereditabilità e rappresenta l’indice di trasmissibilità di un carattere quantitativo, e può presentare, per definizione, un valore compreso tra 0 e 1 (Bittante, Andrighetto, Ramanzin, 1990).
Valori elevati di ereditabilità (0.50 – 0.80) indicano che il fenotipo di un animale rispecchia bene il suo genotipo perché l’ambiente ha uno scarso effetto sul carattere analizzato.
In questi casi scegliere gli animali in base al fenotipo dà risultati soddisfacenti in termini di selezione, perché scegliamo probabilmente anche gli animali con genotipo migliore.
Valori di ereditabilità intermedia (0.20 – 0.50) suggeriscono che il genotipo possa essere anche molto mascherato dalle condizioni ambientali e pertanto una scelta basata solo sul fenotipo può dare risultati incostanti.
Per ottenere buoni risultati di selezione con questi livelli di ereditabilità risulta importante misurare accuratamente il fenotipo sia del singolo individuo sia dei suoi parenti.
Valori bassi di ereditabilità (0 – 0.20) implicano possibilità selettive limitate. Il genotipo in questi casi è completamente mascherato dall’ambiente e non dà alcuna indicazione utile per prevedere il genotipo di un individuo e la risposta selettiva che possiamo attenderci sarà lenta e incostante (Pagnacco, 1996).
Per anomalie regolate da un complesso poligenico additivo l’eradicazione dalla popolazione risulta impossibile. Le strategie selettive prevedono a questo proposito la scelta come riproduttori degli individui ritenuti geneticamente migliori rispetto alla media della popolazione stessa.
Tale opera di selezione crea un differenziale tra il valore genetico medio della progenie ed il valore genetico medio della generazione parentale (progresso genetico), con lo sviluppo progressivo di un pool genetico sempre più favorevole col passare delle generazioni.
Questa particolare categoria di anomalie comprende importanti patologie scheletriche quali la displasia dell’anca, la displasia del gomito e la spondilosi deformante.
Nel caso della displasia dell’anca sono stati compiuti una serie di studi per verificare l’esistenza di una componente genetica implicata nel determinismo della malattia; si è arrivati ad ottenere delle stime di ereditabilità con valori che oscillano tra il moderato ed il medio-alto a seconda delle razze esaminate (Leppänen et al., 2000; Mäki et al., 2000).
Per questa patologia si stanno attuando schemi di selezione basati su valori genetici (BLUP animal model), in quanto gli schemi di selezione basati sulla manifestazione fenotipica si sono rivelati inefficaci nel controllare la diffusione della displasia dell’anca nelle popolazioni considerate (Leppänen et al., 2000; Mäki et al., 2000).
Per quanto riguarda la spondilosi deformante studi di questo tipo sono piuttosto limitati, e deve essere ancora definita l’effettiva importanza che la componente genetica presenta per questo fenomeno.

La spondilosi
La spondilosi è la conseguenza di un processo degenerativo della colonna vertebrale e più in particolare dei dischi intervertebrali e del corpo della vertebra.
Nel corso di questo processo si ha la progressiva formazione di vegetazioni ossee (osteofiti) sulla superficie ventrale della colonna.
Esistono diverse forme di spondilosi caratterizzate da tipiche alterazioni patologiche, anatomiche e radiografiche; si possono rilevare, quindi, i seguenti tipi di malattia:

Spondylosis deformans:
è caratterizzata dalla degenerazione primaria dei dischi intervertebrali con conseguente alterazione della colonna vertebrale (Mühlebach e Freudiger, 1973).
La spondilosi deformante di grado elevato può portare ad una spondilartrosi se i processi degenerativi giungono in prossimità dell’articolazione vertebrale (Eichelberg e Wurster, 1982).

Spondylitis traumatica:
presenta manifestazioni anatomiche e patologiche simili alla spondilosi deformante con la differenza che in primis si manifesta un trauma al disco vertebrale (lesione del disco, fratture della vertebra) (Mühlebach e Freudiger, 1973).

Sindesmitis ossificans:

a)primaria:
i processi ossificati prendono origine dall’apparato legamentoso in prossimità del legamento longitudinale ventrale; successivamente vengono coinvolti i dischi. Colpisce principalmente animali giovani (1-5 anni).

b)secondaria:
in questo caso si tratta di una malattia che colpisce animali anziani. È un’evoluzione della spondilosi deformante che solo secondariamente coinvolge l’apparato legamentoso.
(Mühlebach e Freudiger, 1973)

La spondilosi deformante

La spondilosi deformante è una patologia degenerativa della colonna vertebrale caratterizzata dalla formazione di osteofiti sui corpi vertebrali a ridosso degli spazi intervertebrali (Langeland e Lingaas, 1995).
Interessa prevalentemente soggetti di grossa taglia e sottoposti a prove di lavoro o discipline sportive, ma mentre per la maggior parte delle razze colpite risulta essere una patologia tipica dell’animale anziano, nella razza Boxer gli individui sviluppano la patologia già in età giovanile e ciò spiega i sospetti sulla possibile base genetica della malattia.
L’esame radiografico della colonna vertebrale risulta essere l’unico strumento valido per effettuare la diagnosi di spondilosi deformante.
Le porzioni della colonna vertebrale colpite da questa patologia risultano essere quelle toracica, lombare e lombosacrale.
Inizialmente gli osteofiti si presentano come delle prominenze radiopache di varie dimensioni, che col passare del tempo si ingrandiscono progressivamente assumendo la tipica conformazione a “becco di pappagallo”.
Negli stadi più avanzati della malattia gli osteofiti presenti tra vertebre adiacenti tendono a fondersi tra di loro formando dei veri e propri ponti ossei o più spesso a sovrapporsi soprattutto in quei tratti del rachide che risultano dotati di maggiore mobilità. Queste prominenze ossee possono essere presenti solamente nella parte ventrale della colonna vertebrale, formando uno sperone, oppure possono estendersi lungo tutto l’anello del corpo vertebrale, formando un collare osseo; ciò determina una stenosi dei fori di emergenza dei nervi spinali posti nello spazio intervertebrale.
Gli insulti continui e ripetuti a livello articolare determinano un costante tentativo di riparazione da parte dell’organismo, con progressione della patologia e degenerazione della colonna soprattutto in corrispondenza degli ultimi spazi intervertebrali toracici e dei primi lombari, data la particolare flessibilità di cui sono dotati questi tratti .
Secondo Mühlebach e Freudiger (1973) la patologia risulta progressiva, ma l’incidenza e le dimensioni degli osteofiti non aumentano in modo lineare con l’età del soggetto. Circa ¾ dei Boxer di età inferiore ai 4 anni appartenenti al campione analizzato presentavano in media spondilosi a livello di una vertebra, ma queste alterazioni apparivano leggere (1° o 2° grado), mentre i soggetti di 4 anni o di età superiore presentavano un’incidenza di spondilosi quasi del 100 %, con il grado di sviluppo osteofitico più severo.
Anche Eichelberg e Wurster (1982) hanno preso in considerazione il legame tra l’insorgenza delle ossificazioni e l’età del cane; di particolare interesse appare a tal proposito la scarsa incidenza di spondilosi di grado intermedio nei soggetti al di sotto dei 4 anni di età (20.45 %) e la costanza di incidenza del grado massimo nei cani che presentano più di 5 anni di età (11 %). Inoltre, i medesimi individui hanno riportato un aumento dell’incidenza dei gradi lievi e medi di spondilosi con il progredire dell’età, mentre i gradi più elavati di spondilosi hanno raggiunto il picco massimo nei soggetti di 3-4 anni. Questi dati si possono spiegare affermando che la piccola quota di spondilosi di 2° grado riscontrata nei cani giovani è dovuta al fatto che questo stadio di ossificazione presente in giovane età progredisce molto velocemente e raggiunge lo stadio massimo di ossificazione già a 2-3 anni di età, mentre il processo risulta molto più lento negli animali più vecchi dove la spondilosi di 2° grado passa ad uno stadio successivo in piccola parte.
Gli autori concludono il lavoro ipotizzando che la spondilosi nel Boxer, al contrario che in altre razze, era imputabile non solo all’età dell’animale, ma anche ad una predisposizione della razza.

Classificazione delle formazioni osteofitiche

Il primo tentativo di stilare una classificazione riguardante il grado di sviluppo degli osteofiti è stato attuato da Morgan et al. (1967). Le vegetazioni ossee sono state divise in 5 gradi.

Osteofiti di I grado: nella porzione ventrale della colonna diventano ben visibili al quadro radiografico singole iperostosi. Spesso succede che il disco caudale subisca un appiattimento.
Osteofiti di II grado: in questo stadio sono già facilmente riconoscibili le deposizioni ossee, spesso in forma di piccole corna, che sporgono in modo evidente dal profilo del corpo della vertebra.
Osteofiti di III grado: le neoformazioni ossee di 3° grado mostrano spesso tipiche forme a “becco di pappagallo” le cui estremità libere si posizionano chiaramente verso lo spazio intervertebrale. Esse raggiungono o superano con le loro punte la linea verticale che divide le due vertebre contigue.
Osteofiti di IV grado: gli osteofiti raggiungono con le loro punte il corpo vertebrale attiguo.
In questo grado vengono anche rilevate neoformazioni ossee, in prossimità delle quali segmenti di osso liberi (free bony segment) si vanno ad unire con una pseudoartrosi alla vertebra contigua.
Osteofiti di V grado: si manifesta con la formazione di ponti ossei tra le vertebre che si uniscono in modo rigido. Si può avere una sindesmite ossificante (ossificazione del legamento longitudinale ventrale) allo stesso modo di una anchilosi del corpo vertebrale.
E’ molto importante ricordare che la grandezza della formazione ossea è in relazione con la grandezza della vertebra e perciò gli osteofiti di maggiori dimensioni che si riscontrano a livello nelle vertebre lombari possono avere lo stesso grado di sviluppo di quelli che possiedono un’altra localizzazione pur avendo una grandezza assoluta diversa


Successivamente, Langeland e Lingaas (1995) hanno proposto una semplificazione della metodica di classificazione, considerando solo quattro gradi di sviluppo in relazione alla morfologia ed alle dimensioni dell’osteofita:

grado 0: assenza di osteofiti
grado 1: piccoli osteofiti sul bordo del corpo vertebrale non estesi oltre la faccia articolare
grado 2: osteofiti estesi oltre il bordo della faccia articolare senza unione reciproca (i processi di calcificazione del legamento ventrale sono compresi in questa categoria)
grado 3: gli osteofiti si estendono oltre le facce articolari dei corpi vertebrali formando dei ponti ossei


Cenni di anatomia
Il Boxer appartiene al gruppo dei Molossoidi (classificazione E.N.C.I. gruppo 2, sezione 2°) ed è un cane dotato di un’ossatura forte e di masse muscolari plastiche e potenti.
Il tratto toracico è composto da 13 vertebre che presentano al di sopra del corpo vertebrale il foro per il passaggio del midollo spinale, protetto dorsalmente da un arco osseo da cui partono lateralmente i due processi trasversi e superiormente un processo spinoso sviluppato

Le vertebre sono conformate in modo tale da assicurare una certa mobilità e la muscolatura spinale (m. splenio, m. lungo dorsale, m. lungo spinoso, m. multifido) permette movimenti di flessione, estensione, rotazione; in questa porzione si articolano le coste, fondamentali per l’espansione della cassa toracica durante i movimenti di inspirazione ed espirazione.
Sulle strutture ossee di questa regione si inseriscono la porzione toracica del muscolo trapezio (che prende inserzione sui processi spinosi delle vertebre toraciche e sulla spina della scapola), il muscolo grande del dorso (che origina dalla 3° o 4° vertebra dorsale all’ultima lombare per terminare sulla cresta del tubercolo minore dell’omero) ed il muscolo romboide (che prende origine dalla 2° - 3° vertebra cervicale fino alla 6° - 7° dorsale e va ad inserirsi sul margine dorsale della scapola); queste masse muscolari sostengono il cinto toracico e permettono la flessione dell’arto anteriore determinando la propulsione del corpo in avanti.
Il tratto lombare è costituito da 7 vertebre che risultano più tozze, con i processi trasversi più sviluppati ed il processo spinoso più basso rispetto alle vertebre toraciche
Questa regione possiede una mobilità inferiore rispetto alla precedente e le masse muscolari che vi si inseriscono costituiscono il fulcro delle forze che gravano sul rachide durante il movimento.
Tipicamente nel Boxer quest’area deve risultare forte e larga e con un profilo superiore piatto.
Quindi, mentre la porzione lombare ha il significato di fulcro delle forze, quella toracica fa sì che le forze si scarichino verso il terreno con lo spostamento del corpo in avanti ; il tratto della colonna dove queste forze si contrappongono è dato dalle ultime vertebre toraciche e dalle prime lombari e di conseguenza questa regione è sottoposta a stress motorio maggiore rispetto agli altri tratti

Secondo le ricerche di Mühlebach e Freudiger (1973), infatti, esistono due punti di massima incidenza e sviluppo della patologia a livello delle vertebre T12 e T13, che sono dovuti alla tipica conformazione del corpo del Boxer che presenta in questo tratto della colonna la zona con la convessità dorsale più grande.
La tensione che si esercita sulla convessità dorsale nella colonna vertebrale dei Boxer è molto più intensa che nelle altre razze.
Lo sforzo continuo e quasi non fisiologico della colonna vertebrale determina nei Boxer un trauma crescente ed una rapida degenerazione dei dischi di ogni vertebra, ma principalmente di quelli nel punto di passaggio tra le vertebre toraciche e lombari.
Ogni razza ha una diversa intensità di sviluppo della malattia a seconda della sua costituzione corporea e della curvatura della colonna vertebrale; in uno studio eseguito da Morgan et al. (1967), senza distinzione tra razze, è stata dimostrata l’esistenza di punti di elezione a livello delle vertebre T4, T8, fino alla T11, così come a livello delle vertebre L2-L3 e L7-S1.
L’opinione diffusa che i Boxer siano maggiormente predisposti alla spondilosi deformante a causa della conformazione quadrata del loro corpo viene smentita dal fatto che in altre razze con conformazione quadrata tale patologia non costituisce un problema rilevante (Eichelberg e Wurster, 1983).

Sintomatologia
I segni clinici imputati allo sviluppo di formazioni osteofitiche sono causati dall’infiammazione che si sviluppa a carico dei tessuti posti in vicinanza della zona colpita, con interessamento dei nervi spinali che emergono a livello del segmento interessato; si sviluppa in questo modo una radicolite che può determinare un’infiammazione così dolorosa da portare alla perdita di funzionalità del nervo interessato, fino a giungere alla paresi e alla paralisi.
(Eichelberg e Wurster, 1982).
La sintomatologia risulta varia ed aspecifica e possiamo distinguere segni clinici acuti e segni clinici cronici.
La fase acuta si manifesta quando un ponte osseo, presente tra due vertebre adiacenti, si frattura per traumi dovuti a varie cause come: prove di lavoro, attività sportiva, salti, giochi smodati, corse con arresti violenti, ecc.
Questa forma porta a vari gradi di dolorabilità facilmente provocabile con manualità sulla colonna e che provocano intense reazioni di aggressività da parte del soggetto, immobilità, irrigidimento del rachide e quindi di tutti e quattro gli arti, costipazione ed incontinenza urinaria in decubito laterale.
Più frequenti e subdoli risultano essere i segni cronici, che si possono manifestare già in giovane età e che sono costituiti da una serie di atteggiamenti tipici atti a sgravare la colonna vertebrale dal peso del corpo e, nelle andature, ad aumentare il carico sugli arti anteriori scaricando il posteriore che perde parte della sua funzionalità propulsiva.
L’andatura, quindi, risulta incerta e rigida e l’animale tende ad incespicare; il posteriore viene portato “sotto di sé ” ed il collo e la testa sono abbassati. Questo atteggiamento difensivo della colonna conduce ad una postura alterata con sviluppo di zoppie; l’irrigidimento del posteriore porta a microtraumi del ginocchio con sviluppo di artrosi secondarie; il piede risulta arrossato e la dolorabilità che ne deriva peggiora la sintomatologia.
Caratteristica è l’atrofia della muscolatura epiassiale. Nelle femmine risulta spesso necessario il ricorso al taglio cesareo a causa del restringimento del canale del parto dato dalla neoproduzione ossea; nel maschio, invece, la rigidità del rachide può ostacolare i normali movimenti coitali.
Eichelberg e Wurster (1982) hanno notato, nel corso delle loro ricerche, che spesso esiste una discrepanza tra il quadro clinico e quello radiologico, nel senso che chiari disturbi sono contrapposti solo a delle leggere alterazioni radiologiche, mentre un’imponente anchilosazione della colonna vertebrale può avere un decorso asintomatico ed essere riscontrata solo casualmente; infatti, solo il 17 % dei proprietari dei cani definiti malati dalle radiografie ha riscontrato un qualche sintomo.

Caratteristiche genetiche della spondilosi deformante
La spondilosi deformante costituisce un problema importante nell’ambito della razza Boxer, dal momento che Mühlebach e Freudiger (1973) ed Eichelberg e Wurster (1982) riportano valori di prevalenza dell’ordine del 93 % e 85 %, rispettivamente.
Per quanto riguarda l’eziologia della malattia, essa non risulta del tutto nota, ma diversi autori sostengono che possa sussistere una predisposizione ereditaria nel Boxer (Mühlebach e Freudiger, 1973; Eichelberg e Wurster, 1982); i bassi valori di prevalenza stimati nelle altre razze (sempre minori del 25 %) sono stati considerati un indice indiretto di come la componente genetica possa essere coinvolta nel determinismo della patologia.
Diversi fattori, quali età, sesso e l’utilizzazione del soggetto sembrano influire sullo sviluppo della malattia; Eichelberg e Wurster (1983) riportano che a distanza di 18 mesi da un primo controllo il 55,7 % dei soggetti esaminati presenta un aumento del grado di sviluppo della patologia; Schnitzlein (1960) afferma l’esistenza di una prevalenza maggiore nelle femmine rispetto ai maschi.
Secondo Eichelberg e Wurster (1982), il decorso della patologia risulta divergente tra i due sessi; il processo di ossificazione fino all’ottavo anno di età nelle femmine è molto più veloce rispetto ai maschi.
Al contrario, nei maschi in età avanzata si manifesta una più intensa ossificazione.
Di rilevante importanza è il lavoro sviluppato da Langeland e Lingaas (1995), che per primi hanno proposto una stima dei parametri genetici della predisposizione alla patologia.
Questi autori hanno infatti condotto una ricerca su 353 Boxer norvegesi, considerando quali parametri di analisi il grado massimo di sviluppo degli osteofiti ed il numero di dischi colpiti da osteofiti.
L’ereditabilità stimata (h2) variava tra 0.42 e 0.62, a seconda del sistema di analisi utilizzato (paternal half-sib correlation e regressione dei figli sui genitori, rispettivamente).
Anche l’ereditabilità del numero dei dischi colpiti è risultata elevata quando stimata utilizzando la paternal half-sib correlation (0.47), mentre è risultata sostanzialmente più bassa utilizzando la regressione dei figli sui genitori (0.13).
Queste stime rivestono particolare importanza in quanto la conoscenza dell’ereditabilità di questi caratteri è uno strumento indispensabile per avviare programmi di selezione che mirano a ridurre la frequenza della patologia.
Il valore del coefficiente di ereditabilità preso singolarmente, però, non spiega adeguatamente quanto la componente genetica additiva sia implicata nel determinismo della malattia; è necessario, infatti, considerare altri parametri quali, ad esempio, l’errore standard che li caratterizza.
Il lavoro di Langeland e Lingaas in questo senso presenta alcune carenze dovute anche al fatto che i risultati riguardano un campione limitato.
Nessuno dei valori stimati, inoltre, è risultato statisticamente significativo ed i valori di ereditabilità stimati, sebbene siano elevati, presentano tutti un errore standard importante (valori compresi tra 0.18-0.57); per questo motivo tale lavoro deve essere preso in considerazione per il suo aspetto innovativo, ma le conclusioni alle quali giunge dovrebbero essere rivalutate alla luce di studi più ampi ed accurati.

Strumenti selettivi disponibili per il controllo della spondilosi deformante
Considerata l’elevata incidenza della spondilosi all’interno della popolazione dei Boxer e le relative problematiche cliniche, uno degli obiettivi primari degli allevatori di soggetti di razza Boxer potrebbe essere quello di limitare lo sviluppo delle forme più gravi della patologia.
Per i caratteri regolati da un complesso poligenico additivo tale scopo può essere raggiunto applicando un programma di miglioramento genetico, che è uno strumento che permette la selezione dei soggetti da destinare alla riproduzione; in tal modo si cerca di prevenire il diffondersi di geni non desiderabili nella popolazione e di aumentare la frequenza di quelli responsabili di caratteri favorevoli.
Per avviare un programma di miglioramento genetico è necessario controllare il fenotipo della popolazione interessata per quanto riguarda il carattere o i caratteri considerati, conoscere i rapporti di parentela tra gli individui, valutare geneticamente i soggetti e quindi selezionare, cioè, scegliere i riproduttori ed infine impiegare i riproduttori selezionati (Bittante, Andrighetto, Ramanzin, 1990).
Per quanto riguarda la spondilosi deformante è stato elaborato un indicatore fenotipico (Carnier, Gallo, Piccinini, 2000), che ha come scopo principale quello di segnalare il grado di spondilosi di un soggetto rispetto al grado medio di spondilosi della popolazione controllata.
Tale indice è stato elaborato tenendo conto delle caratteristiche tipiche della patologia:

- scarsa incidenza di soggetti totalmente esenti che non permette di adibire alla riproduzione esclusivamente questi soggetti;

- esistenza di relazioni tra il grado di sviluppo degli osteofiti ed i segni clinici;

- la presenza di osteofiti può interessare più dischi intervertebrali;

- la sintomatologia clinica differisce in base al distretto anatomico interessato.

Per quanto riguarda quest’ultimo punto il livello massimo di gravità interessa le ultime vertebre toraciche e la prima lombare; seguono in successione le prime nove vertebre toraciche, la seconda, terza, quarta e quinta lombare ed infine le ultime vertebre lombari e la prima sacrale.
Per tenere conto della gravità clinica della patologia in base al tratto vertebrale interessato sono stati fissati dei coefficienti di ponderazione moltiplicativi del grado di sviluppo dell’osteofita, che risultano pari a 3 per i siti intervertebrali dal T10-T11 al L1-L2, ad 1 per i siti dal T1-T2 al T9-T10 e dal L2-L3 al L4-L5 ed a 0,5 per i siti dal L5-L6 al L7-S1.
I punteggi, ponderati per ciascuna vertebra, vengono sommati ottenendo in questo modo un dato singolo per ogni soggetto quantificando l’incidenza per quell’individuo della presenza di osteofiti e la previsione della gravità clinica.
A questo punto ogni animale può essere paragonato alla media dell’intero campione analizzato; quando il valore risulta maggiore rispetto alla media l’incidenza e la gravità della patologia sono più elevate, mentre, quando risulta minore l’incidenza e la gravità della patologia sono più basse.
L’indice, infine, è stato standardizzato, per cui gli scostamenti di ciascun soggetto rispetto alla media sono stati espressi come unità di deviazione standard; la media risulta pari a zero ed i valori dell’indice positivi corrispondono a fenotipi con un livello di spondilosi più alto rispetto alla media e valori dell’indice negativi corrispondono a fenotipi con un livello di spondilosi più basso rispetto alla media.
In base all’indice ottenuto si possono suddividere i soggetti in diverse classi fenotipiche.
Gli animali con valori compresi tra +0.5 e +1 presentano un grado di spondilosi di poco superiore alla media e rientrano nell’intervallo di “attenzione”, i soggetti con valori compresi tra +1 e +1.5 presentano spondilosi evidente rispetto alla media, gli individui con indice compreso tra +1.5 e +2 presentano spondilosi grave e quelli con valori superiori a +2 presentano spondilosi molto grave rispetto alla media del gruppo testato. Benché l’indice fenotipico spondilosi risulti essere uno strumento utile per gli allevatori, è importante sottolineare il fatto che esso si basa esclusivamente sulle informazioni ottenute dagli esami radiografici dei soggetti testati e quindi esprime solo una valutazione fenotipica e non genetica del soggetto.
Il valore genetico dell’animale può essere molto diverso dal dato fenotipico ottenuto e quest’ultimo è tanto più vicino al genotipo dei riproduttori quanto maggiore risulta l’ereditabilità del carattere preso in esame.
Il valore genetico di un animale per un carattere quantitativo può essere stimato a partire dal fenotipo dell’animale stesso e dei suoi parenti, tenendo in considerazione l’ereditabilità del carattere; la bontà della stima dipende dalla sua accuratezza, intesa come correlazione tra valore vero e valore stimato, che dipende a sua volta dal numero e dalla qualità delle informazioni fenotipiche e genealogiche disponibili e dalla correttezza dei metodi di valutazione utilizzati.
I valori genetici corretti per pesi ponderali permettono di ottenere un indice genetico, il quale è un valore relativo che serve a comparare il soggetto con altri individui e verrà espresso come deviazione positiva o negativa rispetto alla media della popolazione.
L’importanza di avere a disposizione un indice genetico per la spondilosi deformante sta nel fatto che questo potrà costituire un valido strumento pratico che gli allevatori potranno utilizzare per programmare gli accoppiamenti al fine di limitare le possibilità di sviluppo della malattia nella progenie.
La diffusione di questo strumento a livello di Boxer Club Italia potrebbe inserirsi in un piano di miglioramento genetico della popolazione attuato con lo scopo di limitare ed eventualmente diminuire la prevalenza della spondilosi deformante.

DA: CIAOPET

INDICE FENOTIPICO SPONDILOSI DEFORMANTE NEL BOXER

Premessa
Nell’ambito dei caratteri che sono stati studiati da un punto di vista genetico nel cane, notevole spazio hanno tradizionalmente trovato alcune patologie ad accertata, probabile o possibile base genetica. Come riportato da Monaco (1993) in una rassegna sulle anomalie ereditarie nel cane, il numero di patologie di cui è stata accertata una base genetica sono relativamente numerose, seppure in presenza di una consistente variabilità a seconda degli Autori che hanno affrontato l’argomento.
E’ da sottolineare a questo proposito che la determinazione dell’eventuale implicazione genetica nel controllo di una qualsiasi forma patologica si presenta spesso complessa, dato che essa richiede, come presupposti necessari ed ineludibili:

1. il controllo scrupoloso ed accurato del fenotipo di un numero sufficiente, e comunque sempre consistente, di individui;
2. la conoscenza dei rapporti di parentela tra individui.

Il controllo della popolazione e la fase di raccolta dati sono quindi gli elementi preliminari in questo tipo di studi, e richiedono il coinvolgimento diretto e motivato tanto degli allevatori che dei veterinari che con gli allevatori collaborano. E’ d’altra parte perfino banale ricordare che il miglioramento genetico delle condizioni patologiche deve configurarsi come un aspetto prioritario nei programmi selettivi delle varie razze canine, dal momento che questo ha riflessi immediati ed importanti sulla salute ed il benessere dei nostri compagni; questa osservazione giustifica quindi gli sforzi e le difficoltà che necessariamente sono da mettere nel conto quando si intraprende una ricerca in questo campo.
Se il numero di patologie a base ereditaria è dunque relativamente consistente, soltanto una limitata frazione di esse sembra tuttavia presentare un livello di incidenza significativo nell’ambito di una o più razze canine. Il caso più eclatante a questo proposito è quello della displasia dell’anca, patologia scheletrica a base ereditaria per il controllo della quale esistono già da parecchi anni ben definiti schemi di selezione in numerosi paesi di rilevanza cinologica (Willis, 1989).
Meno diffusa tra razze diverse e decisamente meno studiata ed indagata è la spondilosi deformante, una patologia scheletrica che sembra presentare un elevato livello di incidenza nel boxer (Schnitzlein, 1960; Mürhlebach e Freudiger, 1973; Eichelberg e Wurster, 1982), razza per la quale tale affezione costituisce un problema clinico (Eichelberg e Wurster, 1983).
Se l’eziologia della spondilosi deformante non è completamente nota, già da diversi anni ne è stata ipotizzata una predisposizione ereditaria (Mürhlebach e Freudiger, 1973; Eichelberg e Wurster, 1982), anche in considerazione del fatto che la frazione di individui affetti risulta fortemente diversificata tra razze diverse (Robinson, 1990).
Più recentemente, Langeland e Lingaas (1995) hanno fornito le stime dell’ereditabilità (h2) di alcuni parametri relativi alla spondilosi nel boxer; il livello di sviluppo degli osteofiti, punteggiato su una scala che andava da 0 a 3, ha presentato un valore di h2 pari a 0.42, mentre per il numero di dischi intervertebrali colpiti è stata stimata una h2 pari a 0.47. Lo studio in esame è stato condotto su un esiguo numero di soggetti, fatto che ha comportato una scarsa precisione delle stime ottenute. Nonostante questi limiti, tale studio costituisce una prima indicazione del fatto che la spondilosi è una patologia scheletrica a base ereditaria con una fenomenologia di tipo quantitativo. Essa sembra quindi presentare diverse analogie con la displasia dell’anca, per cui i metodi messi in atto per la selezione contro la displasia dell’anca potrebbero essere almeno in parte riproposti e valutati anche per la selezione contro la spondilosi.
Dati questi presupposti, il programma per la caratterizzazione della spondilosi deformante ed il relativo testaggio dei riproduttori avviato dalla centrale di lettura della displasia dell’anca nel cane è certamente attuale e di notevole rilievo per il boxer.
La presente nota è quindi finalizzata ad una presentazione del lavoro impostato per il controllo della spondilosi nel boxer italiano, e si presuppone di illustrare i primi strumenti disponibili per gli allevatori ed i programmi di medio periodo indirizzati alla caratterizzazione genetica del carattere e all’impostazione di corrette metodiche selettive.
DA:CIAOPET

Paola con Swan e Dixie
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29/06/2006 19:34
 
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non so perchè ma... un articolo così me lo aspettavo[SM=g27811]

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uff...sono prevedibile ... [SM=x1153400] [SM=x1153416]

Paola con Swan e Dixie
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12/09/2006 16:49
 
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Stampo anche questo.
Le foto relative al posizionamento (ESAME RADIOLOGICO: POSIZIONAMENTO) non le vedo e se le clicco mi da errore 404.

Ma dopo l'esame (in anestesia totale) il piccolo non ha problemi per le manipolazioni subite?

Quel'è stata la vostra esperienza?
12/09/2006 17:15
 
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Ma mi sarai ansiosetta neh???? [SM=x1153450] [SM=x1153450] [SM=x1153450] [SM=x1153450] [SM=x1153450] [SM=x1153450] [SM=x1153450] [SM=x1153450] [SM=x1153450]
Il bimbone bello non subisce nessuna manipolazione [SM=x1153397] ...vien solo radiografato sdraiato su un fianco [SM=x1153386] ....dorme alla grossa dopo essersi sparato la radiografia alle anchette dolci da boxer. [SM=x1153389]
Io ho fatto radiografie da tre diversi veterinari abilitati celemasche, unica differenza tra i tre il metodo di anestesia. Uno usa l'anestetico con antidoto, per cui ti riporti a casa il canide e casa perfettamente sveglio...unica cosa, è decisamente perplesso perchè gli manca un pezzo di vita [SM=g27833] ...era di fianco alla mamma....e di colpo si ritrova sdraiato per terra...che cavolo è successo????? [SM=x1153394]
Un'altro usa l'anestesi gassosa, cioè ausculta il cuoricino anche s egli dici che il cane è già stato controllato...fà iniezionicina di preanestetico in chiappetta [SM=g27813] , fà iniezione in vena [SM=x1153394] e poi intuba...ovviamente è il medoto più sicuro in assoluto, [SM=g27811] ma anche se il risveglio del bimbone è rapido, resta decisamente rincoglionito per parecchie ore. [SM=x1153389]
Poi ho "usato" un vet che sparava in sederino una iniezione [SM=x1153410] ...il cane si addormentava e poi....in una quarantina di minuti si svegliava e strasciconi riuscivi a caricarlo in auto [SM=x1153399] ...a casa restava rinco per ore e ore...simil anestesia gassosa. [SM=x1153397]
Indovina qual'è il medoto che preferisco????? [SM=x1153403]
12/09/2006 18:38
 
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Tutto, sono TUTTO quando penso al mio boxer su un tavolo da veterinario.
[SM=x1153450]
Tornando seria: nessuno fara' mai del male al mio boxer.



PS
E' il primo metodo?

[Modificato da Ale1963 12/09/2006 18.49]

12/09/2006 20:29
 
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Se devo essere sincerissima, sono combattuta [SM=g27833] ....se avessi un solo boxer sceglierei il secondo, è il più sicuro....ma da padrona pardon, cinomamma, il primo mi semplifica moltissimo la vita! [SM=x1153397]
Una volta mi è successo che Taike avesse una crisi convulsiva data dal preanestetico...brutta vista! [SM=g27819] e il veterinario era uscito a prendere il caffè...c'era solo l'assistente che non sapeva che pescetti predere..... [SM=x1153383] [SM=x1153383] [SM=x1153383]
25/11/2011 03:41
 
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Ciao ragazzi, il mio dolce boxerotto soffre anche lui si spondilosi a quanto pare di 3° grado... l'ho scoperta 1anno fa quando aveva 2 anni e mezzo... ultimamente si sta accentuando la zoppia del arto sinistro posteriore soprattutto a freddo quindi appena si alza e quando capita qualche corsetta. il medico vet mi ha detto che nella medicina tradizionale non esiste cura oltre gli integratori che oltretutto non fanno un bel niente. ero curiosa se qualcuno di voi ha esperienza in merito... e se avete mai provato omeopatia ed agopuntura. chiaramente al di la degli anti-infiammatori e anti-dolorifici volevo sapere se c'è qualche strada che aiuti ad un miglioramento della malattia stessa! grazie in anticipo :D
18/10/2013 23:47
 
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....cercando qualcosa sulla spondiloartrosi ecco che trovo!!!Mi viene da piangere!
19/10/2013 23:20
 
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si ayca nel boxer è una brutta bestia....
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